venerdì 18 luglio 2025

Permesso per attesa occupazione: il TAR Molise accoglie il ricorso e annulla la revoca del visto per manifesta illegittimità amministrativa Nota a TAR Molise, Sez. I, sentenza n. 213/2025, R.G. n. 40/2025, emessa in data 18 giugno 2025 Avv. Fabio Loscerbo

 Permesso per attesa occupazione: il TAR Molise accoglie il ricorso e annulla la revoca del visto per manifesta illegittimità amministrativa

Nota a TAR Molise, Sez. I, sentenza n. 213/2025, R.G. n. 40/2025, emessa in data 18 giugno 2025
Avv. Fabio Loscerbo

Con la sentenza n. 213/2025, pubblicata il 7 luglio 2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise ha accolto il ricorso contro il silenzio serbato dalla Prefettura di Isernia in merito all’istanza di rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione e ha annullato i provvedimenti di revoca del visto d’ingresso e di archiviazione della pratica. La decisione si distingue per la puntuale ricostruzione di una vicenda amministrativa fortemente viziata da abusi procedurali, incoerenze logiche e disparità di trattamento.

I fatti

Dopo il rilascio di un nulla osta per lavoro subordinato, lo straniero è entrato regolarmente in Italia, ma la società che ne aveva promosso l’assunzione si è resa indisponibile. In forza della circolare del Ministero dell’Interno del 20 agosto 2007, lo straniero ha diritto a chiedere un permesso per attesa occupazione. È stata presentata una prima istanza alla Questura, seguita da una seconda domanda alla Prefettura per comunicare la disponibilità a un nuovo impiego. Nonostante ciò, l’Amministrazione è rimasta silente e — come emerso solo nel corso del giudizio — aveva già proceduto ad archiviare la pratica e revocare il visto d’ingresso, addirittura prima che l’interessato entrasse nel territorio nazionale.

La decisione del TAR

Il Collegio ha censurato la condotta dell’Amministrazione sotto diversi profili. In primo luogo, i provvedimenti contestati risultavano mai formalizzati né notificati, ma solo desunti da semplici annotazioni informatiche interne, prive di valore provvedimentale. In secondo luogo, la revoca del visto e l’archiviazione risultavano temporalmente antecedenti all’ingresso in Italia e alla presentazione delle istanze, dimostrando un’azione amministrativa del tutto arbitraria.

Ulteriore elemento di gravità è stato individuato nella disparità di trattamento: a fronte di situazioni identiche, altri lavoratori stranieri provenienti dallo stesso datore di lavoro erano stati convocati e regolarizzati, mentre in questo caso l’irragionevole archiviazione è stata motivata con l’irreperibilità, benché l’interessato non fosse ancora presente sul territorio nazionale.

Il TAR ha dunque annullato gli atti, accertando l’illegittimità del silenzio e ordinando alla Prefettura di adottare un provvedimento espresso entro 40 giorni, nominando un commissario ad acta in caso di ulteriore inerzia.

Considerazioni conclusive

La sentenza riafferma il principio secondo cui l’attività amministrativa deve essere sorretta da atti formali, motivati e trasparenti. L’utilizzo di sistemi informatici non può surrogare l’obbligo di adottare provvedimenti secondo legge, né giustificare archiviazioni o revoche fondate su presunzioni o automatismi.

In ambito migratorio, il rispetto del diritto al soggiorno e alla difesa assume valore ancora più rilevante, poiché incide direttamente su diritti fondamentali. Il giudice amministrativo ha opportunamente evidenziato che ogni richiesta deve essere valutata nel merito, anche alla luce di elementi sopravvenuti come la disponibilità a nuova occupazione, e che l’inerzia dell’Amministrazione, specie se fondata su presupposti erronei, costituisce una violazione intollerabile del principio di buon andamento.

Avv. Fabio Loscerbo

giovedì 17 luglio 2025

Permesso di soggiorno negato senza contraddittorio: il TAR Sardegna annulla per omessa prova del preavviso di rigetto Nota a TAR Sardegna, Sez. II, sentenza n. 242/2025, R.G. n. 699/2024, del 12 marzo 2025 Avv. Fabio Loscerbo

 Permesso di soggiorno negato senza contraddittorio: il TAR Sardegna annulla per omessa prova del preavviso di rigetto

Nota a TAR Sardegna, Sez. II, sentenza n. 242/2025, R.G. n. 699/2024, del 12 marzo 2025
Avv. Fabio Loscerbo

Con sentenza n. 242/2025, pronunciata il 12 marzo 2025 e pubblicata il 17 marzo 2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) ha accolto il ricorso proposto da un cittadino straniero avverso il provvedimento della Questura di rigetto dell’istanza di rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, annullandolo per vizio procedurale rilevante: la mancata prova della notifica del preavviso di rigetto ex art. 10-bis L. 241/1990.

I fatti

Il ricorrente, cittadino marocchino, già titolare di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, aveva chiesto nel 2020 il rilascio del permesso di lungo periodo. Dopo essere uscito dal territorio nazionale nel 2021 e aver ottenuto nel 2022 un diniego al visto di reingresso dal Consolato d’Italia in Marocco (oggetto di separato contenzioso presso il TAR Lazio), la Questura aveva avviato il procedimento conclusosi con il provvedimento negativo impugnato, fondato sul combinato disposto dell’art. 13, comma 4, del d.P.R. 394/1999 e dell’art. 19, comma 7, lett. d), del d.lgs. 286/1998.

Il preavviso di rigetto, datato 16 dicembre 2022, sarebbe stato trasmesso al Consolato generale per la notifica, ma nel giudizio amministrativo l’Amministrazione non è riuscita a fornire prova della sua effettiva comunicazione all’interessato, neppure a seguito della specifica richiesta istruttoria formulata dal Collegio.

La decisione

Il TAR ha rilevato come la mancata dimostrazione della notifica del preavviso di rigetto integri un vizio procedurale non sanabile, che comporta l’annullamento del provvedimento impugnato. Non si tratta, infatti, di una mera omessa comunicazione di avvio del procedimento (oggi meno incisiva a seguito della modifica dell’art. 21-octies, l. 241/1990), ma di un vizio afferente alla partecipazione al procedimento, la cui violazione è insanabile quando incide su procedimenti ad elevato contenuto discrezionale.

Il Collegio ha richiamato consolidati orientamenti del Consiglio di Stato (sent. n. 3121/2023, n. 2072/2023, n. 629/2021, n. 6378/2020), secondo cui il preavviso di rigetto assume un rilievo rafforzato in materia di immigrazione, per via del necessario bilanciamento tra sicurezza pubblica e tutela dei diritti fondamentali dello straniero.

Non potendo l’Amministrazione dimostrare la notifica dell’atto endoprocedimentale, il TAR ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento lesivo, e disponendo la compensazione delle spese per la complessità del caso, che ha coinvolto più autorità in ambito nazionale ed estero.

Considerazioni conclusive

La sentenza si inserisce nel solco di un orientamento garantista volto a rafforzare le garanzie partecipative nei procedimenti amministrativi che incidono sul diritto fondamentale al soggiorno. In particolare, essa riafferma con nettezza il principio secondo cui la prova della notifica del preavviso di rigetto è elemento imprescindibile della legittimità del procedimento.

Il messaggio che il giudice amministrativo trasmette è chiaro: il rispetto del contraddittorio procedimentale non può essere surrogato da mere presunzioni o dichiarazioni formali, specie in ambiti – come quello dell’immigrazione – in cui sono in gioco diritti fondamentali e delicate esigenze di tutela della persona.

Avv. Fabio Loscerbo

mercoledì 16 luglio 2025

Affidamento familiare e rilascio del permesso di soggiorno: il TAR Bolzano annulla il diniego della Questura per violazione dell’art. 10-bis L. 241/1990 Commento alla sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione autonoma di Bolzano, n. 181/2025, emessa il 10 giugno 2025, R.G. n. 100/2025

 Affidamento familiare e rilascio del permesso di soggiorno: il TAR Bolzano annulla il diniego della Questura per violazione dell’art. 10-bis L. 241/1990

Commento alla sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione autonoma di Bolzano, n. 181/2025, emessa il 10 giugno 2025, R.G. n. 100/2025

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Bolzano, con la sentenza n. 181/2025, ha accolto il ricorso proposto da un giovane cittadino straniero avverso il provvedimento con cui la Questura di Bolzano aveva dichiarato irricevibile l’istanza di permesso di soggiorno per motivi familiari derivanti da affidamento, presentata prima del compimento della maggiore età.

La decisione è di particolare rilievo sotto il profilo della tutela procedimentale e sostanziale dello straniero minorenne affidato informalmente a familiari, e ribadisce l’obbligo dell’Amministrazione di attivare un’istruttoria completa, nonché di applicare correttamente le norme di diritto interno e dell’ordinamento dell’Unione.

1. Il fatto

Il ricorrente, entrato in Italia da minorenne, era stato affidato al cugino materno con formale dichiarazione notarile dei genitori e provvedimento del Sindaco del Comune di residenza del familiare affidatario. Aveva successivamente presentato istanza per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari. La Questura di Bolzano aveva però dichiarato irricevibile la domanda, sostenendo l’assenza di un provvedimento di affidamento del Tribunale per i minorenni, la mancanza di convivenza effettiva con l’affidatario e l’avvenuto raggiungimento della maggiore età.

2. Le doglianze del ricorrente

Tra i motivi di ricorso, il TAR ha ritenuto fondato – e sufficiente per l’annullamento del provvedimento – quello relativo alla violazione dell’art. 10-bis della L. n. 241/1990. L’Amministrazione, infatti, non aveva comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, impedendo così al ricorrente di interloquire in fase procedimentale e di integrare la documentazione mancante.

A ciò si aggiunge la fondatezza delle censure sostanziali relative alla mancata applicazione dell’art. 10 della L. 47/2017 e dell’art. 32 del D.Lgs. 286/1998, che disciplinano rispettivamente i permessi per minorenni stranieri non accompagnati o affidati e la possibilità di conversione del titolo al compimento della maggiore età.

3. L’affidamento familiare e il diritto al soggiorno

Il Tribunale ha riconosciuto che, alla luce della documentazione in atti, il ricorrente si trovava in una situazione di affidamento familiare consensuale, validamente disposto ai sensi dell’art. 4 della L. n. 184/1983, che lo poneva in condizione di richiedere un permesso di soggiorno per motivi familiari. Ha ritenuto irrilevante, ai fini del diritto al titolo, l’eventuale mancata convalida del provvedimento da parte del Tribunale per i minorenni, attesa la piena efficacia del provvedimento sindacale di affidamento e la chiara volontà dei genitori.

Il TAR ha inoltre chiarito che, anche laddove l’Amministrazione avesse ritenuto il venir meno dei presupposti per il rilascio del titolo familiare a causa della sopravvenuta maggiore età, avrebbe dovuto procedere alla valutazione d’ufficio della possibilità di conversione del titolo in permesso per lavoro subordinato, ex art. 32, comma 1, D.Lgs. n. 286/1998. Tale obbligo discende anche dall’art. 5, comma 9, del medesimo testo normativo, che impone alla Pubblica Amministrazione di valutare l’alternativa tipologia di permesso qualora manchino i presupposti per quello richiesto.

4. Il principio affermato

La sentenza riafferma due importanti principi:

  • La violazione dell’art. 10-bis L. 241/1990 comporta l’illegittimità insanabile del provvedimento, ove non sia data al cittadino la possibilità di partecipare al procedimento.

  • L’affidamento familiare formalizzato anche in via amministrativa e con supporto documentale adeguato legittima il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari, e la sopravvenuta maggiore età impone la valutazione della conversione in permesso per lavoro subordinato.

5. Conclusione

Con l’annullamento del provvedimento e la condanna dell’Amministrazione alle spese di giudizio, il TAR Bolzano ha sancito una linea interpretativa garantista, conforme ai princìpi del diritto minorile e agli obblighi di buona amministrazione.

La pronuncia si pone nel solco di un orientamento giurisprudenziale volto a valorizzare l’effettività dell’affidamento e la tutela dell’integrazione del minore straniero, anche oltre il compimento della maggiore età.


Avv. Fabio Loscerbo

martedì 15 luglio 2025

Revoca del permesso di soggiorno per lavoro subordinato: legittimità del provvedimento anche in presenza di nuova occupazione R.G. n. 826/2024 – Sentenza del 2 luglio 2025 – Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Terza

 Revoca del permesso di soggiorno per lavoro subordinato: legittimità del provvedimento anche in presenza di nuova occupazione

R.G. n. 826/2024 – Sentenza del 2 luglio 2025 – Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Terza

Con la sentenza n. 964/2025, pubblicata in data 12 luglio 2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Sezione Terza – ha rigettato il ricorso proposto da un cittadino straniero avverso il decreto di annullamento del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo rilasciato per motivi di lavoro subordinato, adottato dalla Questura di Foggia.

L’annullamento era stato motivato dall’accertata falsità del contratto di lavoro presentato dal ricorrente, che risultava stipulato con un’impresa inesistente, come confermato da un accertamento dell’INPS: totale assenza di documentazione fiscale, irreperibilità della presunta titolare e insussistenza dei rapporti di lavoro denunciati. Secondo la Questura, il titolo era quindi stato conseguito in assenza di una condizione essenziale: la prova della sussistenza di un reddito lecito da lavoro.

Il ricorrente, per contro, aveva eccepito di essere stato vittima di un datore di lavoro scorretto e di aver comunque prestato attività lavorativa, pur presso altro imprenditore. Sosteneva inoltre di essere attualmente titolare di un nuovo contratto di lavoro, stipulato nel 2023 e valido fino al 2025, e di aver dunque diritto al mantenimento del titolo. In via subordinata, lamentava il mancato esame da parte della Questura della possibilità di rilascio di altri titoli di soggiorno.

Il TAR ha ritenuto infondato il ricorso. In primo luogo, ha escluso che l’Amministrazione potesse valutare la sopravvenuta situazione lavorativa del ricorrente, sia perché questa non era nota all’epoca del provvedimento (adottato nel 2018 e notificato solo nel 2024 per irreperibilità del destinatario), sia perché il lavoratore non aveva partecipato alla fase procedimentale. Inoltre, il nuovo contratto era posteriore alla data dell’annullamento, e quindi irrilevante ai fini della valutazione di legittimità del provvedimento impugnato.

Quanto alla doglianza relativa alla condotta fraudolenta del datore di lavoro, il TAR ha osservato che tale circostanza, pur a volerla accogliere, non avrebbe eliso il dato obiettivo dell’assenza di qualsiasi documentazione fiscale e reddituale a carico del ricorrente fino al 2023, con conseguente legittimità del ritiro del titolo.

Infine, il Collegio ha chiarito che la valutazione circa il rilascio di altri titoli di soggiorno non può interferire con l’autonomia del procedimento di annullamento in autotutela. Spetta infatti all’interessato attivare, in via separata, nuove istanze fondate su presupposti differenti.

Le spese sono state compensate, in considerazione della natura e dell’andamento del giudizio.

Avv. Fabio Loscerbo

lunedì 14 luglio 2025

Permesso di soggiorno di lungo periodo: legittima la revoca anche nell’ambito di un procedimento di aggiornamento R.G. n. 39/2021 – Sentenza dell’11 ottobre 2022 – Tribunale Amministrativo Regionale della Valle d’Aosta, Sezione Unica

 Permesso di soggiorno di lungo periodo: legittima la revoca anche nell’ambito di un procedimento di aggiornamento

R.G. n. 39/2021 – Sentenza dell’11 ottobre 2022 – Tribunale Amministrativo Regionale della Valle d’Aosta, Sezione Unica

Con la sentenza n. 63/2022, pubblicata il 23 dicembre 2022, il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle d’Aosta ha respinto il ricorso proposto da un cittadino straniero avverso il provvedimento della Questura di Aosta che negava l’aggiornamento del permesso di soggiorno di lungo periodo e il successivo rigetto del ricorso gerarchico da parte del Presidente della Regione.

Il caso riguardava una richiesta di aggiornamento del permesso già rilasciato, che la Questura ha respinto, motivando l’atto con la mancanza di elementi sufficienti a dimostrare la permanenza stabile del richiedente sul territorio nazionale, nonché con considerazioni ostative legate alla sua condotta. La Regione ha confermato tale valutazione, rigettando l'impugnazione in sede gerarchica.

Nel ricorso, il difensore ha lamentato la trasformazione surrettizia del procedimento di aggiornamento in un procedimento di revoca, contestando altresì la valutazione discrezionale dell’amministrazione in ordine all’affidabilità e al radicamento dell’interessato.

Il TAR ha tuttavia respinto le censure. Sotto il primo profilo, ha osservato che, ai sensi dell’art. 9, comma 7, del D.Lgs. 286/1998, l’amministrazione ha sempre il potere di revoca del permesso quando vengono meno le condizioni per il rilascio, anche all’interno di un procedimento formale di aggiornamento. La comunicazione dei motivi ostativi, regolarmente effettuata, ha assicurato il contraddittorio procedimentale.

Quanto alla discrezionalità amministrativa, il Collegio ha riconosciuto che la Questura ha esercitato in modo legittimo e non irragionevole il proprio apprezzamento, motivando in modo adeguato il diniego alla luce delle circostanze documentate, ritenute ostative al mantenimento del titolo di soggiorno.

La sentenza chiarisce un punto delicato nella prassi amministrativa: la possibilità di convertire in revoca un procedimento di aggiornamento, qualora emergano motivi legittimi. Essa conferma anche l’estensione del potere discrezionale dell’amministrazione nella valutazione della sussistenza dei presupposti per il rilascio o mantenimento del titolo, purché ciò avvenga in osservanza delle garanzie procedurali e con motivazione congrua.

Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 2.000 complessivi, ripartiti tra Regione e Ministero dell’Interno.

Avv. Fabio Loscerbo

domenica 13 luglio 2025

Accesso agli atti e tutela giurisdizionale: il TAR Marche riafferma il diritto alla trasparenza procedimentale R.G. n. 221/2025 – Sentenza del 12 giugno 2025 – Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, Sez. II

 Accesso agli atti e tutela giurisdizionale: il TAR Marche riafferma il diritto alla trasparenza procedimentale

R.G. n. 221/2025 – Sentenza del 12 giugno 2025 – Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, Sez. II

Con sentenza pubblicata il 16 giugno 2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Seconda), decidendo sul ricorso R.G. n. 221/2025, ha accolto il ricorso proposto avverso il silenzio serbato dalla Questura di Fermo in relazione a un’istanza di accesso agli atti presentata da una cittadina straniera, titolare di una richiesta di permesso di soggiorno per motivi familiari.

La ricorrente, in data 5 novembre 2024, aveva inoltrato formale richiesta di accesso ex artt. 22 ss. della L. 241/1990, al fine di ottenere copia degli atti relativi al procedimento avviato con la presentazione di un’istanza tramite kit postale il 22 febbraio 2023. Non avendo ricevuto alcuna risposta, nonostante un successivo sollecito del 19 dicembre 2024, ha adito il giudice amministrativo per far valere il proprio diritto alla conoscenza degli atti amministrativi, anche in vista di una possibile tutela giurisdizionale.

Il TAR ha ritenuto il ricorso pienamente fondato, rilevando l’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione, che, pur costituitasi in giudizio, non ha offerto alcuna motivazione ostativa all’accesso. Il Collegio ha sottolineato che l’istanza non era né generica né esplorativa, e che l’interesse giuridicamente rilevante della ricorrente era stato chiaramente illustrato. Di conseguenza, ha annullato il provvedimento tacito di rigetto formatosi sul silenzio dell’amministrazione, condannando la Questura di Fermo a esibire gli atti richiesti entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione o notificazione della sentenza.

La pronuncia assume particolare rilievo nella prassi dell’accesso documentale nei procedimenti amministrativi in materia di immigrazione, spesso segnati da opacità e ritardi. Essa riafferma il principio della trasparenza amministrativa come presidio effettivo del diritto alla difesa e del buon andamento dell’azione pubblica, in coerenza con l’art. 97 Cost. e con l’obbligo per la pubblica amministrazione di concludere il procedimento entro termini ragionevoli.

Avv. Fabio Loscerbo

mercoledì 2 luglio 2025

Il valore non ostativo della scadenza del permesso nella procedura di conversione: una conferma giurisprudenziale Nota a T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, sent. n. 1147/2025, R.G. n. 720/2025, emessa il 25 giugno 2025

 Il valore non ostativo della scadenza del permesso nella procedura di conversione: una conferma giurisprudenziale

Nota a T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, sent. n. 1147/2025, R.G. n. 720/2025, emessa il 25 giugno 2025


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, con sentenza n. 1147/2025 (R.G. 720/2025), depositata il 30 giugno 2025, ha accolto il ricorso presentato da un cittadino straniero avverso il provvedimento con cui lo Sportello Unico per l’Immigrazione di Catanzaro aveva rigettato la domanda di conversione del permesso di soggiorno da lavoro stagionale a lavoro subordinato, sul mero rilievo della scadenza del titolo di soggiorno al momento della presentazione dell’istanza.

1. I fatti: una conversione negata per la sola scadenza formale

L’istanza di conversione era stata presentata in data 21 marzo 2024, ma è stata rigettata con provvedimento del 29 marzo 2025, sulla base del solo dato formale della scadenza del permesso stagionale. Il ricorrente ha impugnato l’atto, deducendo la violazione dell’art. 24 del d.lgs. 286/1998 e delle relative circolari, nonché l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti e la violazione dei principi di ragionevolezza, buona amministrazione e favor integrationis.

2. La motivazione del TAR: discrezionalità amministrativa e tutela sostanziale

Il Collegio ha ritenuto fondate le censure, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale, sia dello stesso TAR Calabria (sent. n. 344/2025 e n. 854/2025) sia del Consiglio di Stato (Sez. III, n. 3884/2016 e n. 5604/2023), secondo cui la mera scadenza del permesso di soggiorno non costituisce ragione automatica ed insuperabile di rigetto, in quanto:

«la supposta natura decadenziale del termine non appare coerente con il sistema, dato che quest’ultimo, all’art. 5, comma 5, del T.U.I., impone di tenere in considerazione, in favore del rilascio del permesso di soggiorno, gli “elementi sopravvenuti” e vieta di considerare preclusive le irregolarità amministrative sanabili».

Il TAR ha ribadito che l’Amministrazione è comunque tenuta a esercitare la propria discrezionalità valutativa, prendendo in esame tutti gli altri presupposti sostanziali per la conversione del titolo, anche in presenza di una scadenza formale recente del permesso, come nel caso in esame.

3. Gli effetti della decisione

La sentenza, emessa ai sensi dell’art. 60 c.p.a. in forma semplificata, ha disposto l’annullamento del provvedimento impugnato, ordinando alla pubblica amministrazione di riattivare il procedimento e di procedere a un riesame sostanziale della domanda, senza considerare ostativa la scadenza del permesso.

È stata inoltre disposta l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, con compensazione delle spese di lite, riservando la liquidazione dei compensi a separato provvedimento.


Questa pronuncia assume particolare rilievo nel panorama applicativo dell’art. 24 del T.U.I., riaffermando con chiarezza un principio di equità procedimentale: non può essere sacrificato il diritto dello straniero a ottenere una valutazione nel merito della propria istanza di conversione per mere formalità amministrative, soprattutto quando la scadenza del titolo sia di pochi giorni. In un’ottica di favor per l’integrazione e di effettività dei diritti, il bilanciamento tra legalità formale e sostanza giuridica deve orientare l’azione amministrativa verso la tutela del percorso di regolarizzazione dello straniero che dimostri un radicamento effettivo nel tessuto lavorativo nazionale.

Avv. Fabio Loscerbo

domenica 29 giugno 2025


 

La legittimità del diniego di conversione del permesso di soggiorno da lavoro stagionale a subordinato nel settore agricolo: il parametro delle 39 giornate lavorative nel trimestre

 La legittimità del diniego di conversione del permesso di soggiorno da lavoro stagionale a subordinato nel settore agricolo: il parametro delle 39 giornate lavorative nel trimestre

Abstract:
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), con sentenza n. 792/2025 (R.G. n. 704/2025), pronunciata il 4 giugno 2025, ha rigettato il ricorso di un cittadino straniero avverso il diniego della Prefettura di Bari alla conversione del permesso di soggiorno da lavoro stagionale a subordinato. La decisione offre spunti significativi sul rapporto tra normativa primaria e atti amministrativi generali (circolari), con particolare attenzione all’interpretazione dell’art. 24, comma 10, del D.Lgs. 286/1998.


1. Introduzione

La sentenza in commento si inserisce nel quadro delle controversie amministrative concernenti la gestione del c.d. “decreto flussi” e, in particolare, le condizioni richieste per la conversione del permesso stagionale. Il ricorrente lamentava che la Prefettura avesse rigettato l’istanza in base a criteri ritenuti illegittimi, tra cui l’adozione del parametro minimo delle 39 giornate di lavoro in agricoltura su base trimestrale, mutuato da circolari ministeriali.


2. Il fatto

Il ricorrente aveva presentato istanza il 4 dicembre 2023, chiedendo la conversione del proprio permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso per lavoro subordinato, ai sensi dell’art. 24, comma 10, del D.Lgs. 286/1998. Il diniego dell’Amministrazione era motivato dalla mancata prova di una prestazione lavorativa media di almeno 13 giornate mensili nel settore agricolo, nonché dalla ritenuta insufficiente capacità economica del datore di lavoro.


3. La motivazione del TAR

Il TAR ha confermato la legittimità del diniego, ritenendo corretta l’interpretazione amministrativa che quantifica l’attività lavorativa minima in 39 giornate nel trimestre, come previsto dalla circolare ministeriale congiunta n. 5969/2023 e dalla precedente circolare n. 37/2016. Il Collegio ha evidenziato che, in assenza di una specifica indicazione quantitativa nel testo dell’art. 24, comma 10, TUI, spetta all’Amministrazione individuare criteri attuativi, purché ragionevoli e non arbitrari. In tal senso, le 13 giornate mensili per settore agricolo sono considerate un parametro congruo e giustificato dalla natura discontinua del lavoro stagionale.


4. Il principio affermato

La sentenza ribadisce che:

  • Il requisito delle 39 giornate lavorative nel trimestre rappresenta un criterio legittimo per valutare la “regolare attività lavorativa” ai fini della conversione del titolo;

  • Le esperienze lavorative non coerenti con il settore agricolo non possono essere computate nel calcolo;

  • L’insufficiente capacità economica del datore di lavoro, se comprovata, può costituire causa ostativa alla conversione, anche se non imputabile direttamente al lavoratore;

  • Non vi è vizio procedimentale se l’atto è reso conoscibile tramite caricamento su portale (ALI), anche senza notifica a mezzo PEC.


5. Valutazioni critiche

La pronuncia si inserisce in un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (cfr. Cons. Stato, Sez. III, sent. n. 5721/2020; TAR Lombardia, Sez. IV, sent. n. 1934/2023) che ammette un’ampia discrezionalità amministrativa nella regolazione delle conversioni dei permessi stagionali. Tuttavia, permane un profilo di criticità nell’affidare a circolari – non sempre pubblicate tempestivamente – il compito di determinare requisiti sostanziali per l’accesso a diritti fondamentali connessi al soggiorno.


6. Conclusioni

La sentenza n. 792/2025 del TAR Puglia evidenzia il peso crescente della prassi amministrativa nella definizione degli standard di legalità nel diritto dell’immigrazione, in un contesto normativo lacunoso e non sempre coordinato. Essa conferma l’importanza, per i lavoratori stranieri, di documentare in modo preciso e tempestivo le giornate lavorative effettive e la coerenza settoriale del rapporto di lavoro.


Estremi della pronuncia:

  • Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Terza

  • Sentenza n. 792/2025

  • R.G. n. 704/2025

  • Data di emissione: 4 giugno 2025

  • Pubblicata il: 10 giugno 2025


Avv. Fabio Loscerbo
Avvocato esperto in diritto dell’immigrazione

sabato 28 giugno 2025


 

Il mancato rispetto del requisito minimo di attività lavorativa per la conversione del permesso stagionale: rigetto legittimo secondo il TAR Puglia Commento alla sentenza del T.A.R. Puglia – Sez. III, n. 809/2025, R.G. n. 602/2024, depositata il 12 giugno 2025

 Il mancato rispetto del requisito minimo di attività lavorativa per la conversione del permesso stagionale: rigetto legittimo secondo il TAR Puglia

Commento alla sentenza del T.A.R. Puglia – Sez. III, n. 809/2025, R.G. n. 602/2024, depositata il 12 giugno 2025

Nel contesto del diritto dell’immigrazione economica, la conversione del permesso di soggiorno da lavoro stagionale a lavoro subordinato rappresenta una possibilità condizionata al rispetto di requisiti normativi rigorosamente disciplinati. Con la sentenza n. 809/2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) ha confermato la legittimità del rigetto di una richiesta di conversione per mancanza del prescritto requisito di attività lavorativa minimo, ponendo in risalto l'importanza del parametro oggettivo rappresentato dalle "39 giornate lavorative nel trimestre".

La fattispecie riguardava un lavoratore extracomunitario impiegato come bracciante agricolo, il quale aveva svolto 42 giornate di lavoro in 5 mesi. L’istanza di conversione del permesso, presentata presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione di Bari, era stata rigettata in quanto non risultava soddisfatta la soglia richiesta di 39 giornate lavorative concentrate in un arco temporale massimo di tre mesi, come ribadito dalla circolare interministeriale n. 5969 del 27 ottobre 2023.

Il TAR ha evidenziato che l’art. 24, comma 10, del d.lgs. n. 286/1998, consente la conversione solo laddove l’attività lavorativa sia stata svolta “per almeno tre mesi”, e che, nel settore agricolo, tale requisito è quantificato proprio nella soglia delle 39 giornate trimestrali, da intendersi come prestazione continuativa e regolare, con copertura contributiva. La soglia temporale deve quindi essere rispettata non solo nel numero, ma anche nella concentrazione entro il trimestre di riferimento.

Significativo è l’approfondimento offerto dal Collegio in ordine alla natura non soggettiva del diritto all’ingresso e al soggiorno per lavoro: l’accesso al territorio nazionale per motivi lavorativi è subordinato a un regime autorizzatorio, inserito in una più ampia cornice di gestione statuale dei flussi migratori, come riconosciuto anche dal diritto dell’Unione Europea. Viene infatti richiamato l’art. 79, par. 5, TFUE, che riafferma la riserva di sovranità degli Stati membri nella determinazione del volume di ingresso per motivi di lavoro.

La pronuncia, in continuità con altre decisioni della medesima sezione (tra cui TAR Puglia, sent. n. 45/2025), ribadisce che l’Amministrazione è vincolata all’applicazione delle condizioni tipiche previste dal Testo Unico Immigrazione e dalle sue circolari attuative, escludendo margini di discrezionalità laddove l’istanza difetti dei presupposti normativi, anche alla luce di pareri tecnici – nel caso specifico, dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

Il ricorso è stato quindi respinto, con compensazione delle spese di lite, e con dichiarazione di inammissibilità della domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per carenza documentale (mancata produzione della certificazione consolare dei redditi esteri o dichiarazione sostitutiva).

Questa decisione conferma l’orientamento secondo cui il diritto al lavoro, pur riconosciuto a livello costituzionale e sovranazionale, non implica un automatismo nel riconoscimento o nella conversione del titolo di soggiorno in assenza dei requisiti positivi stabiliti dalla normativa primaria e dalla prassi consolidata.

Avv. Fabio Loscerbo

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