Il diritto alla protezione speciale fondato sulla vita familiare: nota a Tribunale di Bologna, sentenza n. R.G. 8636/2023 del 16 aprile 2025
Abstract:
Il Tribunale di Bologna ha riconosciuto il diritto alla protezione speciale ex art. 19, comma 1.1, del Testo Unico Immigrazione, in applicazione della disciplina previgente al D.L. 20/2023, valorizzando il radicamento familiare e sociale della ricorrente, cittadina straniera madre e moglie convivente, priva di attività lavorativa ma inserita in un contesto familiare stabile e regolare. La sentenza si inserisce nel solco tracciato dalla giurisprudenza nazionale e della Corte EDU sul bilanciamento tra diritto alla vita privata e familiare e interesse statale all’allontanamento dello straniero.
1. Introduzione
La sentenza del Tribunale di Bologna (R.G. 8636/2023, depositata il 16 aprile 2025) affronta con lucidità il tema della protezione speciale nel quadro dell’art. 19 TUI (Testo Unico Immigrazione), nella formulazione anteriore alla riforma introdotta dal D.L. 20/2023, convertito nella L. 50/2023. La vicenda ruota attorno al rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno per protezione speciale opposto da una cittadina straniera, madre di due figli minori e coniugata con un titolare di analogo permesso.
2. Il quadro normativo di riferimento
La disciplina applicabile ratione temporis è quella introdotta dal D.L. 130/2020. Essa prevede, accanto ai casi classici di rischio di tortura o trattamenti inumani, anche la tutela del diritto alla vita privata e familiare dello straniero, mutuata dall’art. 8 CEDU. È proprio su questa seconda ipotesi di protezione che si incentra la pronuncia in commento.
3. Le risultanze istruttorie
Dall’istruttoria emerge una situazione chiara: la ricorrente, pur non lavorando, è stabilmente inserita in Italia da oltre sei anni, si occupa dei figli minori e della gestione familiare, vive in un’abitazione regolare con contratto intestato al marito e partecipa in modo attivo alla vita scolastica dei figli. Il marito è titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato e di un permesso di soggiorno per protezione speciale.
4. La motivazione del Tribunale
Il Tribunale ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sotto il profilo del rischio di persecuzione o trattamenti inumani, ma ha accolto il ricorso alla luce del diritto al rispetto della vita familiare.
Particolarmente rilevante è il richiamo alla giurisprudenza della Corte EDU, che ha progressivamente ampliato il concetto di “vita familiare”, includendo situazioni di fatto e valutando in concreto la proporzionalità dell’allontanamento rispetto ai legami familiari instaurati. Il Tribunale si richiama espressamente alla sentenza della Cassazione n. 7167/2024, che riconosce il diritto alla protezione speciale anche in assenza di integrazione lavorativa, qualora sussistano concreti legami familiari.
5. Considerazioni sulla valutazione del radicamento
La sentenza sottolinea come la protezione speciale non sia subordinata alla cumulatività dei requisiti di integrazione sociale e lavorativa, ma possa fondarsi su uno solo di essi. In questo caso, il radicamento familiare, comprovato da convivenza, cura dei figli, conoscenza della lingua e stabilità abitativa, risulta decisivo per impedire il rimpatrio.
Il Tribunale ha inoltre chiarito che i legami mantenuti nel Paese d’origine (con genitori e sorella) non assumono rilevanza preclusiva, in assenza di elementi di dipendenza tali da costituire ostacolo all’integrazione familiare in Italia, secondo i parametri tracciati dalla Corte EDU.
6. La disciplina transitoria e gli effetti del permesso
Infine, è stato ribadito che, in forza dell’art. 7, comma 2, del D.L. 20/2023, la domanda della ricorrente – essendo stata proposta in data anteriore all’entrata in vigore del decreto – deve essere esaminata secondo la disciplina previgente. Pertanto, il permesso da rilasciarsi ha durata biennale, è rinnovabile e convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
7. Conclusioni
La decisione si distingue per rigore giuridico e coerenza con l’evoluzione normativa e giurisprudenziale in tema di protezione speciale. Essa riafferma che il diritto al rispetto della vita familiare può costituire autonomamente causa di protezione, anche in assenza di altri indici di vulnerabilità, a condizione che vi sia un radicamento affettivo effettivo e dimostrato.
Si tratta di un principio destinato a incidere profondamente sulle valutazioni amministrative e giudiziali, imponendo un approccio casistico e rispettoso della dimensione relazionale del migrante, in linea con i vincoli internazionali assunti dall’Italia.
Avv. Fabio Loscerbo
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