Malta non rispetta i diritti fondamentali dei richiedenti asilo: annullato il provvedimento dell’Unità Dublino
Tribunale di Lecce, decreto dell'1 aprile 2023
Il Tribunale di Lecce ha annullato il provvedimento dell’Unità Dublino di trasferimento di un richiedente asilo bengalese a Malta. Il Giudice ha ritenuto che sia fondato il rischio attuale che il ricorrente, qualora trasferito a Malta, possa essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti (v. anche, di recente, Tribunale di Roma, decreto 7.4.2022 e 28.3.2023).
Nella decisione si specifica che “In ossequio al principio di cautela operante sul piano del diritto internazionale a tutela e garanzia degli incomprimibili diritti fondamentali dello straniero, può annullare il provvedimento di trasferimento in uno Stato che non assicuri idonee condizioni di accoglienza dei richiedenti, tutte le volte in cui vi sia non solo la prova certa, ma anche il ragionevole dubbio che sussistano carenze sistemiche di tali condizioni di accoglienza, anche ai sensi dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretato dalla Corte di Strasburgo (v. Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 22 marzo 2005, Ay c. Turchia)“.
Il Collegio, alla luce delle informazioni raccolte dalle fonti riportate (si riportano sotto), “acquisite anche in forza dei poteri istruttori officiosi, ed in assenza di elementi di segno contrario dedotti dall’Amministrazione resistente, il trasferimento del richiedente asilo a Malta si ponga in contrasto con la previsione dell’art. 3, par. 2, del Regolamento UE n. 604 del 2013 e con quella dell’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non garantendo con certezza o, comunque, al di là di ogni ragionevole dubbio, il rispetto dei diritti fondamentali del richiedente in tale Stato“.
Particolare attenzione ai fini della decisione è stata posta ai dossier sulla situazione inerente delle procedure di asilo ed alle condizioni di accoglienza e trattenimento dei richiedenti asilo. In particolare, l’AIDA Country Report, consultabile su “Malta – Banca dati di informazioni sull’asilo”, fa emergere:
- Respingimenti in mare: da maggio 2020 e per tutto il 2021, le forze armate di Malta (AFM) hanno drasticamente ridotto i soccorsi in mare. Le ONG riferiscono che Malta non sta conducendo operazioni di salvataggio nella zona SAR maltese a sud di Lampedusa, e si affida invece alle navi mercantili e alla guardia costiera libica per respingere le barche in Libia. Le autorità sono accusate di aver impedito alle imbarcazioni di entrare nella zona SAR dell’isola e le ONG hanno segnalato numerosi casi di respingimenti.
- Accesso al territorio: nel 2021, il governo maltese ha continuato a negare lo sbarco alle persone soccorse in mare, in particolare dove il salvataggio è stato condotto da navi di ONG. In questi ultimi casi, la posizione ufficiale è che questi salvataggi costituiscono “intercettazioni” e dovrebbero essere regolati dallo Stato di bandiera della nave.
- Statistiche chiave in materia di asilo: nel 2021 sono state presentate 1.281 domande per la prima volta e 3.265 domande erano ancora pendenti alla fine dell’anno. L’Agenzia internazionale per la protezione (IPA) ha emesso 691 decisioni di primo grado, la stragrande maggioranza delle quali (477) è stata respinta in quanto manifestamente infondata o inammissibile e quindi incanalata attraverso la procedura accelerata senza possibilità di ricorso. L’Agenzia ha emesso 170 decisioni positive, il che porta il tasso di riconoscimento in primo grado al 25%. Tuttavia, l’Agenzia ha anche emesso 1.729 decisioni di sospensione delle domande, il 72% di tutte le decisioni prese nel 2021. Ciò riduce quindi il tasso di riconoscimento in primo grado al minimo storico dell’8%.
- Assegnazione di priorità ai casi manifestamente infondati: nel 2021, l’Agenzia internazionale per la protezione (IPA) ha ridotto in modo significativo il suo arretrato interrompendo in maniera massiccia le domande in quanto implicitamente ritirate e dando la priorità ai casi manifestamente infondati. La procedura accelerata, che non offre la possibilità di impugnare il rigetto, ha continuato a essere utilizzata dall’Agenzia.
- Statistiche chiave in materia di asilo: nel 2021 sono state presentate 1.281 domande per la prima volta e 3.265 domande erano ancora pendenti alla fine dell’anno. L’Agenzia internazionale per la protezione (IPA) ha emesso 691 decisioni di primo grado, la stragrande maggioranza delle quali (477) è stata respinta in quanto manifestamente infondata o inammissibile e quindi incanalata attraverso la procedura accelerata senza possibilità di ricorso. L’Agenzia ha emesso 170 decisioni positive, il che porta il tasso di riconoscimento in primo grado al 25%. Tuttavia, l’Agenzia ha anche emesso 1.729 decisioni di sospensione delle domande, il 72% di tutte le decisioni prese nel 2021. Ciò riduce quindi il tasso di riconoscimento in primo grado al minimo storico dell’8%. Il Tribunale d’appello per la protezione internazionale (IPAT) ha emesso 765 decisioni, di cui 482 riesami con procedura accelerata. Erano tutti rifiuti. Il rapporto è stato precedentemente aggiornato a maggio 2021. Le persone notificate con respingimenti nella procedura accelerata affrontano quindi una detenzione prolungata in condizioni squallide e garanzie giudiziarie limitate fino a quando il loro rimpatrio non viene eseguito o raggiungono Il Tribunale d’appello per la protezione internazionale (IPAT) ha emesso 765 decisioni, di cui 482 riesami con procedura accelerata. Erano tutti rifiuti.
- Assegnazione di priorità ai casi manifestamente infondati: nel 2021, l’Agenzia internazionale per la protezione (IPA) ha ridotto in modo significativo il suo arretrato interrompendo in maniera massiccia le domande in quanto implicitamente ritirate e dando la priorità ai casi manifestamente infondati. La procedura accelerata, che non offre la possibilità di impugnare il rigetto, ha continuato a essere utilizzata dall’Agenzia. ÿ Statistiche chiave in materia di asilo: nel 2021 sono state presentate 1.281 domande per la prima volta e 3.265 domande erano ancora pendenti alla fine dell’anno. L’Agenzia internazionale per la protezione (IPA) ha emesso 691 decisioni di primo grado, la stragrande maggioranza delle quali (477) è stata respinta in quanto manifestamente infondata o inammissibile e quindi incanalata attraverso la procedura accelerata senza possibilità di ricorso. L’Agenzia ha emesso 170 decisioni positive, il che porta il tasso di riconoscimento in primo grado al 25%. Tuttavia, l’Agenzia ha anche emesso 1.729 decisioni di sospensione delle domande, il 72% di tutte le decisioni prese nel 2021. Ciò riduce quindi il tasso di riconoscimento in primo grado al minimo storico dell’8%. Il Tribunale d’appello per la protezione internazionale (IPAT) ha emesso 765 decisioni, di cui 482 riesami con procedura accelerata. Erano tutti rifiuti. Il rapporto è stato precedentemente aggiornato a maggio 2021. Le persone notificate con respingimenti nella procedura accelerata affrontano quindi una detenzione prolungata in condizioni squallide e garanzie giudiziarie limitate fino a quando il loro rimpatrio non viene eseguito o raggiungono il periodo massimo di trattenimento consentito ai sensi della direttiva rimpatri. L’IPA, quindi, privilegia le domande che rischiano di essere manifestamente infondate a danno di altri richiedenti asilo, le cui domande restano pendenti ben oltre i termini previsti dalla legge per ottenere una decisione. Secondo quanto riferito, alcune persone stanno aspettando da 4 anni, mentre le domande dei richiedenti asilo appena arrivati vengono respinte in quanto manifestamente infondate nel giro di pochi mesi. Come risultato di questa politica, il tasso di riconoscimento è sceso al minimo storico dell’8%.
- Procedure di secondo grado: nel 2021, la maggior parte delle decisioni del Tribunale sono state le revisioni di tre giorni effettuate nell’ambito della procedura accelerata. Il Tribunale ha emesso un numero importante di rigetti a causa della mancata presentazione di memorie da parte del ricorrente, che porta automaticamente l’IPAT a respingere la causa senza entrare nel merito. Per i casi in cui è possibile presentare ricorso, i ricorrenti, secondo quanto riferito, attendono diversi anni in seconda istanza, ben al di sopra dei termini previsti dalla legge. Il 2021 ha segnato anche un minimo storico in termini di decisioni IPAT, dato che il Tribunale ha emesso solo respingimenti, il che significava un tasso di riconoscimento dello 0% per i richiedenti in seconda istanza.
Con riferimento specifico al sistema di accoglienza, osserva il Collegio che il citato rapporto AIDA riporta che, nonostante il sistema di accoglienza a Malta (disciplinato dalla “Strategia per l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei migrati irregolari del 2015) si basi sul recepimento nella legislazione nazionale della Direttiva Europea sulle condizioni di accoglienza e della Direttiva rimpatri (2013/33/UE e 2008/115/CE), questa politica ha cessato improvvisamente di essere applicata a partire dall’estate del 2018, a causa di un aumento significativo del numero di richiedenti asilo che arrivano via mare, che ha messo sotto pressione l’intero sistema. A causa della mancanza di spazio disponibile nei centri di accoglienza sovraffollati, tutti i richiedenti arrivati irregolarmente a Malta, o soccorsi in mare, sono stati automaticamente trattenute e, di fatto, detenuti; la politica di trattenimento automatico dei richiedenti asilo è proseguita nel 2021 1.
Pure nel rapporto del 2021 del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT), sono state evidenziate le gravi carenze del sistema di detenzione maltese ed è stato rilevato che, effettivamente, i migranti sono privati della loro libertà senza alcuna base giuridica, per periodi arbitrariamente lunghi, in condizioni che appaiono “al limite del trattamento inumano e degradante … alcune delle condizioni di vita, dei regimi, la mancanza di garanzie di giusto processo, il trattamento dei gruppi vulnerabili e alcune specifiche misure COVID-19 intraprese sono così problematiche che possono benissimo costituire un trattamento inumano e degradante contrario all’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Nel suddetto rapporto è stato anche denunciato l’uso eccessivo della forza da parte del personale in servizio e anche le ONG e il personale dell’agenzia E.U.A.A. hanno segnalato episodi di torture fisiche, isolamento, negazione o ritardo delle cure mediche, mentre il rappresentante dell’UNHCR a Malta ha indicato che il suo ufficio ha ricevuto molte segnalazioni di abusi fisici e verbali nei confronti dei richiedenti asilo detenuti.
La stessa Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, nei rapporti di ottobre 2021 e gennaio 2022, ha osservato che, nonostante la riduzione del numero di persone detenute, permangono incertezze sui motivi legali e sulle garanzie relativi ad alcune misure detentive, sottolineando la necessità di garantire un monitoraggio indipendente dei luoghi di detenzione, in condizioni, in buona parte, “deplorevoli”, esortando le autorità a garantire condizioni dignitose per i detenuti. Tuttavia, secondo il citato rapporto AIDA, non solo le ONG, ma anche gli avvocati ed altri enti hanno evidenziato forti difficoltà nell’accesso ai centri e, quindi, nella verifica delle condizioni; inoltre, si osserva che la possibilità di ricorrere in via giudiziaria avverso la detenzione dei richiedenti asilo è particolarmente difficile.
Nello stesso senso si è espressa, di recente, una delegazione dell’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite; anche l’UNHCR ha criticato la politica di detenzione automatica dei richiedenti, rilevandone l’assenza, sovente, di base giuridica ed evidenziandone le pessime condizioni, nonostante il fatto che le stesse ONG abbiano rivelato che la pratica della detenzione automatica sembrasse in diminuzione nel 2021. Nonostante l’evoluzione della situazione politica e normativa maltese in materia di asilo (sono state apportate modifiche alla legge nazionale per un’attuazione più completa delle disposizioni relative alle condizioni materiali di accoglienza delle persone, il recente rapporto Freedom in the world 2022 – Malta rileva che molti richiedenti asilo, anche negli ultimi anni, continuano ad essere trattenuti dalle autorità maltesi in centri di detenzione “sovraffollati e squallidi” e sottoposti a vari maltrattamenti fisici, inclusa la tortura (sono stati segnalati sovraffollamento, cattive condizioni igieniche e carenza di personale qualificato nelle strutture di accoglienza.
Migranti detenuti sono morti in prigione ed altri hanno tentato il suicidio come forma di protesta per le loro condizioni. Pur a fronte di alcuni miglioramenti, dovuti principalmente all’aumento delle capacità dei centri di accoglienza e all’istituzione di un dipartimento di garanzia della qualità, le condizioni nei centri di accoglienza restano “estremamente difficili… tra i problemi più frequentemente registrati ci sono: scarso livello di igiene; grave sovraffollamento; una mancanza di sicurezza fisica; l’ubicazione della maggior parte dei centri in aree remote di Malta; strutture materiali scadenti; occasionale infestazione di ratti e scarafaggi”.
Nonostante il sovraffollamento non sia più il problema principale, le condizioni, anche negli ultimi tempi, non sono migliorate; le stesse ONG continuano a definire “deplorevoli” le condizioni di accoglienza.
In una sentenza pubblicata il 11 marzo 2021 nel caso Feilazoo c. Malta (6865/19), la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto integrata la grave violazione della CEDU nel caso di un richiedente detenuto in condizioni degradanti per lungo tempo (quattordici mesi), rilevando che diversi aspetti della detenzione amministrativa di un migrante nigeriano compresi, non solo, il tempo passato in isolamento di fatto e la detenzione insieme a persone sottoposte a quarantena per il COVID-19, ma anche le generali condizioni del trattenimento, violassero gli artt. 3 e 5 CEDU.
Per quanto riguarda l’articolo 3, la Corte ha considerato diversi aspetti della sua detenzione e ha concluso, nel complesso, che le condizioni erano inadeguate, in particolare a causa del tempo trascorso in isolamento senza esercizio fisico (è stato tenuto in un contenitore per settantacinque giorni senza accesso alla luce naturale o all’aria). La Corte ha anche rilevato che è stato successivamente detenuto inutilmente con persone in quarantena COVID-19, una misura che non rispettava i requisiti sanitari di base. La Corte ha concluso all’unanimità che le condizioni della sua detenzione costituivano violazione dell’articolo 3.
La Corte ha riscontrato una violazione dell’articolo 34, considerando che le autorità maltesi non avevano garantito il diritto del ricorrente di adire la Corte poiché avevano manomesso la sua corrispondenza e non avevano garantito un’adeguata rappresentanza legale. Per quanto riguarda la corrispondenza con la Corte, si è concluso che, in primo luogo, al ricorrente non erano state fornite copie dei documenti di cui aveva bisogno per comprovare la sua richiesta dinanzi alla Corte; e in secondo luogo, che la riservatezza della sua corrispondenza non era stata rispettata.
Secondo la Corte, le mancanze delle autorità costituivano un’interferenza ingiustificata con il suo diritto di “petizione individuale”. Per quanto riguarda il suo diritto alla rappresentanza legale, la Corte ha ritenuto che l’avvocato del gratuito patrocinio nominato dalle autorità non fosse riuscito a mantenere i contatti con il ricorrente e avesse abbandonato il suo mandato senza informarlo e senza presentare osservazioni quando richiesto. Informato, il Governo non ha intrapreso alcuna azione per porre rimedio alla situazione. Date le circostanze, quelle mancanze erano state pari a una rappresentanza inefficace in circostanze speciali che comportavano la responsabilità dello Stato ai sensi della CEDU. Infine, la Corte ha anche ritenuto all’unanimità che vi fosse stata violazione dell’articolo 5, paragrafo 1, in quanto le autorità non erano state sufficientemente diligenti nell’elaborare la sua espulsione e che la detenzione del ricorrente aveva quindi cessato di essere legittima. Secondo il Rapporto AIDA “questa sentenza non ha migliorato le condizioni in cui sono trattenuti i migranti, nonostante il loro numero sia inferiore rispetto agli anni passati a causa della diminuzione degli sbarchi“.
Con riferimento alla situazione dei “rimpatriati Dublino”, dalle pertinenti fonti di informazione consultate emerge che “l’impatto principale del trasferimento Dublino sulla procedura di asilo riguarda le difficoltà di accesso alla procedura di ritorno a Malta. Se un richiedente asilo lascia Malta senza il permesso delle autorità per l’immigrazione, evadendo dalla detenzione, o lasciando il paese irregolarmente, la domanda di asilo si intenderà implicitamente ritirata, ai sensi del Regolamento 13 del Regolamento procedurale, recepimento delle disposizioni della rifusione della direttiva sulle procedure di asilo. Di conseguenza, un richiedente asilo che viene trasferito, in quasi tutti i casi, scoprirà che la sua domanda di asilo è stata implicitamente ritirata, lasciandolo suscettibile di rimpatrio e detenzione da parte delle autorità per l’immigrazione. In effetti, nel 2019 e nel 2020, le ONG che assistono i migranti… hanno riferito che la maggior parte dei rimpatriati Dublino che fuggono da Malta sono stati trattenuti al loro ritorno”. Queste persone, quindi, vengono tendenzialmente sottoposte a misure detentive, insieme agli altri richiedenti asilo, in quanto le autorità considerano che gli elementi della loro richiesta non potrebbero essere raccolti adeguatamente in assenza di limitazioni della libertà personale a causa della sussistenza di un rischio di fuga.
Nel 2020 e nel 2021, gli avvocati che assistono le persone detenute hanno segnalato che “i richiedenti asilo provenienti dal Bangladesh” – come il ricorrente – “… (considerato un paese sicuro per Malta) erano solitamente sottoposti a detenzione… spesso irregolarmente per lunghi periodi di tempo… automaticamente … semplicemente in base alla nazionalità dell’individuo. Inoltre, tali provvedimenti di trattenimento, sembrano essere emessi automaticamente, senza alcuna valutazione individuale, semplicemente sulla base della nazionalità dell’individuo. In relazione alla possibilità di appello, nonostante questa vi fosse, si verificava raramente, a causa della mancanza di informazioni e delle restrizioni all’accesso di avvocati e personale delle ONG”.
Il 15 dicembre del 2021, il Consiglio di Stato olandese ha stabilito che le autorità olandesi per l’immigrazione non possono fare più affidamento sul principio di reciproca fiducia per i trasferimenti a Malta. Se le autorità per l’immigrazione ritengono di procedere con trasferimenti Dublino a Malta, sono tenute a dimostrare che il trasferimento non comporterà una violazione dell’art. 3 della CEDU. Al riguardo, la Corte ha richiamato espressamente la detenzione strutturale dei “ rimpatriati” di Dublino, ritenendo che tali condizioni di detenzione costituiscano una violazione dell’art. 3 della CEDU e dell’art. 4 della Carte dell’UE e la mancanza di un ricorso effettivo contro la detenzione a causa della mancanza di accesso alla giustizia, violazione dell’art. 5 CEDU (Consiglio di Stato Olandese, 15.12.2021).
Anche Amnesty International ha confermato le detenzioni arbitrarie dei richiedenti asilo, compresi i minori non accompagnati, oltre i termini legali consentiti e senza un adeguato accesso a un ricorso
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