lunedì 1 maggio 2023

Supremo interesse del minore. Le gravi condizioni di salute della madre autorizzano la permanenza regolare del nucleo per 5 anni Tribunale per i Minorenni di Bari, decreto del 3 febbraio 2023

 

Supremo interesse del minore. Le gravi condizioni di salute della madre autorizzano la permanenza regolare del nucleo per 5 anni

Tribunale per i Minorenni di Bari, decreto del 3 febbraio 2023

Foto di Liv Bruce su Unsplash

Il caso riguarda una famiglia che ha presentato il ricorso ex art. 31, comma 3 del D.Lgs. n. 286/98 per gravi motivi di salute che riguardano la madre del minore affetta da sclerosi multipla ed in cura presso la sanità nazionale.

Il Tribunale per i Minorenni di Bari nel decreto che autorizza il nucleo per ben 5 anni dopo aver fatto una premessa sul recente orientamento della Suprema Corte, a partire dalla pronuncia a S.S.U.U. n. 21799/2010, che ha sostanzialmente abbandonato l’orientamento restrittivo per abbracciare un’interpretazione estensiva, secondo cui la temporanea autorizzazione di cui all’art. 31 si presta a ricomprendere qualsiasi situazione in cui l’allontanamento del familiare del minore, o in alternativa il suo sradicamento definitivo dall’ambiente in cui è nato, possa comportare per lo stesso – considerate l’età e le condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico – un danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave, ha accolto la domanda dei ricorrenti ritenuto il complesso delle circostanze da considerare (capacità accuditiva dei genitori e buon inserimento del nucleo nel contesto territoriale) alla stregua dei parametri e dei criteri elaborati nel tempo dalla corte EDU e richiamati dalla nostra S.C.

In generale si osserva che il diritto alla salute è internazionalmente riconosciuto come un diritto inviolabile della persona. L’art.25 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 1948, riconosce il diritto alla salute e al benessere di ogni individuo e della sua famiglia, con particolare riguardo, fra l’altro, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari e alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà. L’art.12 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966, stabilisce alcune misure che gli Stati parti del Patto dovranno prendere per assicurare la piena attuazione di tale diritto. Tra esse rientrano quelle necessarie per:

  1. la diminuzione della mortalità infantile e il sano sviluppo dei fanciulli;
  2. il miglioramento di tutti gli aspetti dell’igiene ambientale e industriale;
  3. la profilassi, la cura e il controllo delle malattie;
  4. la creazione di condizioni che assicurino a tutti servizi e assistenza medica in caso di malattia.
L’art.32 della Costituzione italiana “garantisce cure gratuite agli indigenti”

Il diritto alle prestazioni sanitarie è invece garantito da un’assicurazione sociale contro la malattia, mediante l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale.

L’ordinamento giuridico tutela la salute non solo come diritto individuale ma anche come interesse collettivo disciplinando varie materie quali igiene pubblica, tutela dell’ambiente, sicurezza nei luoghi di lavoro, che vanno oltre la protezione del singolo individuo.

Il Testo Unico sull’Immigrazione ha dato piena attuazione anche per i cittadini stranieri al diritto alla salute nella duplice accezione prevista dall’art. 32 della Costituzione – ossia diritto fondamentale della persona e interesse per la collettività.

Questo comporta che il diritto alla salute non può subire limitazioni fondate sulla cittadinanza e che a tutti coloro che vivono sul territorio dello Stato devono essere prestate le cure idonee a garantire il massimo livello di tutela della salute pubblica.

Ai sensi dell’art.2, comma 1, T.U. Immigrazione il diritto alla salute è riconosciuto ad ogni straniero comunque presente nel territorio dello Stato e in frontiera, in tutte le sue accezioni:

  • come diritto di ogni individuo alla propria integrità psicofisica;
  • come diritto alla non compromissione dell’ambiente, la cui salubrità è il presupposto per poter mantenere la propria integrità psicofisica;
  • come diritto a non essere sottoposto a cure mediche contro la propria volontà, se non nei casi e nei modo in cui la legge consenta trattamenti sanitari obbligatori;
  • come diritto a ricevere i trattamenti sanitari di prevenzione e di cura, anche gratuitamente per chi non sia economicamente in grado di sostenere i costi.

In particolare, il diritto ai trattamenti sanitari necessari per la tutela della salute è condizionato da esigenze di bilanciamento con altri interessi costituzionalmente protetti, salva comunque la garanzia di un nucleo irriducibile di tutele del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana che impone di interrompere situazioni prive di tutela che possono pregiudicare l’attuazione di quel diritto.

Tale nucleo irriducibile di tutela della salute quale diritto fondamentale della persona deve essere riconosciuto anche ai cittadini stranieri, qualunque sia la posizione rispetto alle norme che regolano
l’ingresso e il soggiorno nello Stato, anche se il legislatore può prevedere diverse modalità di esercizio di tale diritto.

L’art. 31 del D. Lgs. 286/1998 dispone che “Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico. L’autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza”.

Il legislatore precisa espressamente come ciò possa avvenire anche in deroga alle altre disposizioni del TUIMM, introducendo così un’inversione della regola generale per cui il figlio segue la condizione giuridica del titolare della sua responsabilità genitoriale.

Sulla norma si è sviluppato sin dal principio un contrasto giurisprudenziale circa, in particolare, l’interpretazione dei gravi motivi intesi, alternativamente, come il ricorrere di una situazione di emergenza, a carattere eccezionale o contingente, non rinvenibile nelle ordinarie necessità di accompagnare il processo d’integrazione ed il percorso educativo e presente in caso di problemi di salute del minore, o come il fatto di trovarsi in presenza di minori di tenerissima età, tenuto conto della grave compromissione e del sicuro danno all’equilibrio psico – fisico che determina in tale situazione l’allontanamento o la mancanza di uno dei genitori.

Le S.U. della Cassazione con la Sentenza n. 22216/2006 hanno sancito che i gravi motivi vanno accertati dal Tribunale per i Minorenni come emergenza attuale solo nell’ipotesi di richiesta di autorizzazione all’ingresso del familiare nel territorio nazionale in deroga alla disciplina generale dell’immigrazione. Nel caso di richiesta di autorizzazione alla permanenza del familiare sul territorio italiano, la situazione eccezionale nella quale vanno ravvisati i gravi motivi può essere attuale, ma può anche essere dedotta quale conseguenza dell’allontanamento improvviso del familiare, cioè di una situazione futura ed eventuale rimessa dall’accertamento del giudice minorile. In ogni caso, le S.U. precisano che il grave pregiudizio per il minore va accertato in concreto, non essendo sufficiente la sua tenera età.

Sempre la giurisprudenza di legittimità a S.U. nel 2010 (n. 21799/10) ha chiarito che i gravi motivi ricorrono non necessariamente in casi eccezionali strettamente connessi a problemi di salute del minore, ma anche laddove siano rinvenibili eventi traumatici che trascendono il normale disagio dovuto al rimpatrio, considerando sia il potenziale danno attuale, sia effettuando una valutazione prognostica. “La tecnica di normazione a clausola generale dell’art. 31 induce a comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico deriva, o è altamente probabile, deriverà al minore, dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto”.

Si tratta di situazioni che non si prestano ad essere preventivamente catalogate e standardizzate, ma richiedono un’indagine svolta in modo individualizzato da parte di un organo specializzato, tenendo conto di ogni possibile variabile, come l’età, le condizioni di salute, la presenza o meno dell’altro genitore e la situazione della famiglia e di qualsiasi altro fattore idoneo a consentire l’operazione di corretto bilanciamento degli interessi in gioco.

Si segnala che sempre la Corte di legittimità a S.U. (15750/2019) ha sancito che “In tema di autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero che si trova nel territorio italiano, ai sensi dell’art. 31, comma 3, TU immigrazione, approvato con il D. Lgs. n. 286 del 1998, il diniego non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso testo unico considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero; nondimeno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta e attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con il suo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario, ma non assoluto“.

Alla luce di quanto sopra riportato, si ritiene che l’art. 31, comma 3 TUI sia uno degli strumenti effettivi che in concreto garantiscono il rispetto dell’interesse superiore del minore e la tutela rafforzata dei suoi diritti fondamentali, sia della personalità, sia socio-economici, riconosciuti a vari livelli normativi, dalle convenzioni internazionali (Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989), dal diritto comunitario (Direttiva 2003/86/CE; Trattato di Lisbona, 2009) ed europeo (CEDU, 1950), dalla Carta costituzionale (artt. 2, 3, 10, 29, 30, 31, 32) e infine dalla stessa legislazione nazionale (art. 28, comma 3, TUI).

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