sabato 18 ottobre 2025

Protezione speciale riconosciuta a un cittadino marocchino: la Commissione di Bari valorizza integrazione e stabilità lavorativa

 Protezione speciale riconosciuta a un cittadino marocchino: la Commissione di Bari valorizza integrazione e stabilità lavorativa

La Commissione Territoriale di Bari, con decisione del 23 giugno 2025, ha rigettato la domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino marocchino, riconoscendo tuttavia i presupposti per la trasmissione degli atti alla Questura ai fini del rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale ai sensi dell’art. 19, comma 1.1, del D.Lgs. 286/1998 e dell’art. 32, comma 3, del D.Lgs. 25/2008.

Il richiedente, residente stabilmente in provincia di Bergamo e impiegato nel settore edile, aveva dichiarato di aver lasciato il Marocco nel 2014 dopo aver denunciato un furto subito nel proprio negozio e di essere stato minacciato da soggetti ricercati dalle autorità locali. Dopo un primo rigetto della domanda di asilo nel 2023, l’interessato aveva reiterato la richiesta nel dicembre 2024, allegando documentazione completa in merito alla propria integrazione sociale e lavorativa in Italia.

Tra gli atti prodotti: contratto di locazione, iscrizione anagrafica, contratti di fornitura domestica, numerosi contratti di lavoro e comunicazioni UNILAV, buste paga, certificazioni reddituali, attestati formativi e dichiarazioni sanitarie. La Commissione ha riconosciuto la piena regolarità del percorso occupazionale, con più rapporti di lavoro a tempo determinato e indeterminato, l’autonomia abitativa e l’inserimento in un contesto locale stabile e partecipativo.

Nella motivazione, la Commissione ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, ma ha ritenuto sussistente la condizione di inespellibilità fondata sull’art. 8 della CEDU, che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare. In particolare, il provvedimento evidenzia che l’espulsione determinerebbe “una privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo della dignità personale, in comparazione con la situazione di integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza”.

Si tratta di un provvedimento significativo che conferma l’importanza del radicamento lavorativo e sociale quale elemento decisivo per il riconoscimento della protezione speciale. Ancora una volta emerge come l’integrazione reale e documentata rappresenti un valore giuridico tutelato dall’ordinamento italiano e dalle norme internazionali in materia di diritti umani.

Avv. Fabio Loscerbo
www.avvocatofabioloscerbo.it

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