Il diritto di asilo, sancito dall’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dalla Convenzione di Ginevra del 1951, costituisce un pilastro dell’ordinamento europeo. Proprio per la sua natura di diritto fondamentale, esso non può essere svuotato o compresso da normative interne che, sotto il pretesto della sicurezza o del contrasto all’immigrazione irregolare, ostacolino l’accesso alla procedura di protezione internazionale.
Su questo punto si è pronunciata con chiarezza la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in particolare con le sentenze C-36/20, Commissione c. Ungheria e C-821/19, Commissione c. Ungheria. Entrambe hanno affrontato le restrizioni introdotte da Budapest, che punivano penalmente chiunque prestasse assistenza ai migranti intenzionati a chiedere asilo, qualificando tali condotte come “favoreggiamento del soggiorno irregolare”.
La Corte ha ribadito alcuni principi di grande rilievo:
L’attività di supporto al richiedente asilo non è reato. Fornire informazioni, accompagnare o assistere un cittadino straniero nell’accesso alle autorità competenti è espressione diretta del diritto alla difesa e della garanzia di un rimedio effettivo.
Il diritto di asilo prevale sulle logiche punitive. Ogni norma che, di fatto, scoraggi o impedisca al richiedente di accedere alla procedura è incompatibile con il diritto dell’Unione.
Il concetto di favoreggiamento non può essere esteso. Le direttive europee sul contrasto all’immigrazione irregolare (Direttiva 2002/90/CE e Decisione Quadro 2002/946/GAI) non consentono agli Stati membri di criminalizzare condotte la cui finalità principale è permettere l’esercizio del diritto di asilo.
Queste pronunce hanno una portata che va oltre il caso ungherese. Esse tracciano un limite netto contro derive securitarie che, attraverso l’uso del diritto penale, rischiano di comprimere spazi di libertà e solidarietà. La Corte ricorda che la cooperazione di cittadini, associazioni e professionisti non è un comportamento deviante, ma un presidio di legalità e di tutela dei diritti fondamentali.
In conclusione, il messaggio della giurisprudenza europea è inequivoco: il reato di favoreggiamento non può insistere sul terreno del diritto di asilo. Quest’ultimo resta intangibile, anche nelle stagioni politiche più ostili ai migranti. Perché negare l’accesso alla protezione internazionale significa minare non solo la dignità delle persone in fuga, ma anche la credibilità dello Stato di diritto in Europa.
Avv. Fabio Loscerbo
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