mercoledì 31 dicembre 2025

La protezione complementare dopo il decreto-legge 20/2023: continuità giurisprudenziale e tutela della vita privata e familiare nella recente giurisprudenza di merito

 La protezione complementare dopo il decreto-legge 20/2023: continuità giurisprudenziale e tutela della vita privata e familiare nella recente giurisprudenza di merito


Abstract

Il contributo esamina un recente decreto reso da un Tribunale ordinario, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, con cui è stato riconosciuto il diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per protezione complementare ai sensi dell’articolo 19, commi 1 e 1.1, del decreto legislativo 286 del 1998. Il provvedimento, pronunciato all’esito di un giudizio nel quale il ricorrente ha rinunciato alle forme di protezione “maggiori”, offre lo spunto per una riflessione sistematica sul regime giuridico della protezione complementare dopo le modifiche introdotte dal decreto-legge 20 del 2023, convertito dalla legge 50 del 2023, e sul ruolo centrale della giurisprudenza, in particolare di legittimità, nel riempire di contenuto una clausola normativa volutamente elastica. Il decreto è consultabile integralmente nella pubblicazione Calameo al seguente indirizzo: https://www.calameo.com/books/00807977541b94e1f7da1


1. Premessa

La protezione complementare rappresenta oggi uno degli snodi più delicati del diritto dell’immigrazione italiano. Essa si colloca in una zona di confine tra il diritto costituzionale d’asilo, gli obblighi internazionali assunti dallo Stato e le scelte di politica legislativa in materia di controllo dei flussi migratori. Il decreto in commento si inserisce in questo contesto, offrendo una ricostruzione argomentata della disciplina vigente e, soprattutto, un esempio di applicazione concreta dei criteri elaborati dalla giurisprudenza nazionale e sovranazionale.

2. Il quadro normativo dopo il decreto-legge 20/2023

Il Tribunale muove da una ricognizione puntuale dell’evoluzione dell’articolo 19 del Testo Unico sull’immigrazione. Dopo la riforma del 2020, che aveva tipizzato i criteri di valutazione della tutela della vita privata e familiare, il decreto-legge 20 del 2023 ha inciso nuovamente sulla disposizione, abrogando alcune parti del comma 1.1. Tale intervento, tuttavia, non ha eliminato la tutela del diritto al rispetto della vita privata e familiare dello straniero, che continua a trovare fondamento negli obblighi costituzionali e convenzionali, in particolare nell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Il decreto evidenzia come la disciplina vigente imponga all’interprete un ritorno a criteri di valutazione di matrice giurisprudenziale, superando la fase di maggiore tipizzazione normativa introdotta nel 2020. In questa prospettiva, la protezione complementare non viene svuotata di contenuto, ma riaffidata alla funzione di bilanciamento del giudice.

3. Il ruolo della giurisprudenza di legittimità

Particolare rilievo assume il richiamo alla giurisprudenza della Corte di cassazione, che ha chiarito come la riforma del 2023 non abbia determinato un arretramento della tutela dei diritti fondamentali dello straniero. Il decreto valorizza l’orientamento secondo cui la protezione complementare può essere riconosciuta quando il radicamento sul territorio nazionale sia tale da rendere l’allontanamento sproporzionato rispetto agli interessi pubblici perseguiti.

In questo senso, il giudice di merito richiama espressamente il principio del bilanciamento e della proporzionalità, già elaborato in epoca anteriore dalla giurisprudenza sulla protezione umanitaria, riaffermando la continuità sistematica tra le diverse stagioni normative.

4. La valutazione del radicamento e della vita privata

Il cuore motivazionale del provvedimento è rappresentato dalla valutazione in concreto della vita privata del ricorrente. Il Tribunale procede a un’analisi complessiva e non frammentata degli indici di integrazione: durata della permanenza in Italia, inserimento lavorativo stabile, autonomia economica, conoscenza della lingua, relazioni sociali e capacità di vivere al di fuori del sistema di accoglienza.

Tali elementi vengono letti come espressione di una vita privata consolidata, la cui lesione, in assenza di esigenze imperative di ordine o sicurezza pubblica, non risulta compatibile con l’articolo 8 della CEDU. Il ritorno nel Paese di origine viene valutato non in astratto, ma in relazione al concreto rischio di sradicamento e di compromissione significativa delle condizioni di vita raggiunte in Italia.

5. Considerazioni conclusive

Il decreto conferma che la protezione complementare, anche dopo il decreto-legge 20 del 2023, rimane uno strumento essenziale di tutela dei diritti fondamentali dello straniero. L’assenza di criteri normativi rigidi non comporta un vuoto di protezione, ma richiede un esercizio responsabile della funzione giurisdizionale, fondato sui parametri costituzionali, convenzionali e giurisprudenziali.

In questa prospettiva, il provvedimento si colloca nel solco di una interpretazione orientata alla continuità e alla razionalità del sistema, riaffermando che l’integrazione effettiva e il radicamento sociale non sono dati marginali, ma elementi centrali nel giudizio di legittimità dell’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale.


Avv. Fabio Loscerbo

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